Giornata della Memoria

Risuona ancora l’eco delle parole con cui sabato 25 gennaio 2014 Enrico Vanzini, presso il Café Monet di Bordighera, ha raccontato la sua storia di deportazione.
Parole che come martello sull’incudine scuotono la mia coscienza quando oggi, 27 gennaio, Giorno della Memoria, celebra e ricorda il più grande crimine dell’umanità, l’Olocausto, la Shoa, l’uomo contro i suoi fratelli, la follia contro la ragione.
Anni bui, dove il sole sorgeva ogni mattina oscurato, nei campi di sterminio, dalle anime bruciate barbaramente che fuggivano alla ricerca di un rifugio tra le braccia di Dio, nell’orrore e nel dolore.
Resto allibito alle notizie di atti vergognosi volti a negare l’esistenza di quei momenti, accaduti in questi giorni e mi affido ai racconti di una memoria storica della nostra città, Ampelio Verrando, e agli scritti che mi mostra, tratti dal libro Ombre di Confine per ripercorrere i momenti che la nostra città ha vissuto in quel tempo.
Vuole essere il mio contributo per questa giornata di lutto, di rabbia e di vergogna. Perché Bordighera, complice la vicinanza con il confine francese, fu tappa nella fuga degli ebrei verso una Francia tollerante e non antisemitica.
Era l’estate del 1939 e la campagna razziale era stata avviata da qualche mese e molti ebrei fuggiaschi si riversarono sulla costa ligure che separa Ventimiglia da Sanremo. Aspettano il momento giusto per espatriare credendo nella Francia, nel loro motto di Liberté, Egalité, Fraternité, senza rendersi conto che oramai tutta l’Europa si stava calando in questa colossale follia.
La grande concentrazione dei fuggitivi diventò motivo di instabilità politica sia a livello locale che nazionale e parallelamente si moltiplicarono le iniziative per favorire questo esodo verso una speranzosa salvezza. Il trasporto avveniva via mare, sistematicamente ed a tal proposito erano state stabilite delle tariffe che variavano da 100 sino a 1.000 lire e, in mancanza di denaro, venivano accettati pagamenti con gioielli e oggetti di valore.
Non ci si stupisca di questo, la guerra aveva portato la fame e la comunità ebrea aveva istituito anche dei fondi; chi metteva a disposizione la barca rischiava la vita ogni volta e la barca stessa.
Si legge nel libro il racconto di Jilina Horosana; “A Bordighera ho conosciuto una persona che mi avrebbe portato in Francia per la somma di lire 1000, ma non avevo il denaro…”. Il pagamento avvenne successivamente.
Leggiamo ancora la testimonianza del comandante Gavagnin, illustre personaggio dei nostri luoghi: “Nel 1939 un mattino venne a svegliarmi Geppin Morando perché un mio parente, Giuseppe da Libia, non era ancora tornato da un viaggio in cui aveva trasportato ebrei in Francia ed era necessario andare a cercarlo.
Lo avvistammo nei pressi del confine, si era spinto sino a Cros de Cagnes per trovare un approdo sicuro. Poi la situazione si complicò ulteriormente quando scoppiò la guerra tra Germania e Francia, i pattugliamenti si intensificarono e diventò ancor più complicato espatriare.
Nel luglio del 1938 si trasferì presso l’Hotel Continental una scuola al completo e si conserva ancora il censimento di insegnanti e studenti, con nomi e cognomi. Ventotto allievi tra i 10 ed i 26 anni.
Segue un elenco dettagliato degli sbarchi avvenuti, corredati di nome e cognome dei profughi. Quando in questi giorni di sole passeggiamo sul lungomare Argentina ci pare strano pensare alla spiaggia del Caranca come il punto di partenza verso l’unica possibilità di salvezza.
Tutti gli uomini portano sulla coscienza il peso di quelle anime umiliate e martoriate come un peccato originale anche se non tutti ovviamente hanno contribuito al fatto che ciò avvenisse.
Ora a noi il compito di non dimenticare, di conservare come un prezioso gioiello il racconto dei sopravvissuti, le loro memorie e man mano che il tempo passa ed il naturale scorrere della vita porta via chi ancora ha il vivo ricordo di quel dramma, dobbiamo alzarci noi in piedi paladini a protezione delle nuove generazioni affinché il germe infimo del razzismo non trovi terreno fertile nelle coscienze di chi, figlio di un benessere spesso padre di superficialità, rimanga tentato dal desiderio di dimenticare.

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