INTERVISTA ALLA CUGINA DI MOBY DICK

 INTERVISTA ESCLUSIVA ALLA CUGINA DI MOBY DICK

 


Ha voluto il caso, davvero fortuito che giovedì scorso durante una regata al largo di Capo Ampelio, mentre un buon vento di levante spingeva la barca in una bolina stretta verso est, un frangente insidioso mi ha fatto perdere l’equilibrio, trascinandomi con sé tra i flutti di un mare potente, come ben sa essere il Mar Ligure di ponente. Per mia fortuna indossavo il giubbotto di salvataggio; lobalenottera-comune-lampedusa metto sempre quando vado per mare e le condizioni non sono ottimali, anche perché le mie doti di nuotatore non coincidono con quelle di marinaio, tutt’altro! Il resto dell’equipaggio, impegnato nelle manovre, non ha fatto caso all’accaduto e in pochi attimi ho visto allontanarsi l’imbarcazione per poi sparire nascosta dalle onde imperiose. Di per sé la situazione sarebbe stata drammatica, se nonché, come in una fiaba d’altri tempi, dal fondo del mare vidi comparire una enorme massa scura, agile e veloce a dispetto della sua gigantesca mole. Paura, smarrimento, ecco le mie sensazioni. In un attimo la superficie increspata dalle onde lasciò il posto ad una enorme balena che innalzò nell’aria il suo potente soffio per respirare, una colonna di aria mescolata ad d’acqua di parecchi metri. Rimasi immobile ed attonito, lei mi guardava e nei suoi occhi intravvedevo un sorriso, uno sguardo umano e accogliente al punto che mi rasserenai ed ebbi la folle idea di rivolgerle la parola. “Chi sei?” le chiesi, pensando di essere al termine dei miei giorni, in pieno delirio. Mi rispose, si, mi rispose parlando la mia lingua, anche se modulata con un fischio e sonorità insolite, ma la capivo, eccome. “Sono …., , una balenottera comune cugina di Moby Dick. Io abito questo mare da oltre otto anni. Il mio nome scientifico è Balaenoptera physalus, ma per me poco conta questo. Sono, dopo la balena azzurra, il più grande essere vivente della terra! Bello no?”. Così dicendo, con delicatezza, portò la sua armoniosa coda sotto di me, sollevandomi per evitare che le onde mi allontanassero. “Sai,” proseguì, “sono lunga 24 metri. Sono lunga, eh?! Pensa che quando sono nata ero già sei metri”. Non mi sembrava vero di poter raccogliere questa testimonianza, io che mi dilettavo a scrivere articoli raccontando dei pescatori alla ricerca delle acciughe! “Ma vivi da sola?” Osai chiederle, non volendo sembrare indiscreto, quasi parlassi ad una signorina appena conosciuta. Sorrise ancora, come fanno le balene: “No, siamo oltre quattrocento in questo splendido mare. Sai, la mia mamma, quando mi aspettava, aveva sentito brutte storie a riguardo di ciò che accade alle balene nei mari del Nord. Vengono uccise, macellate e trasformate in bistecche e cibo per i maiali. Voleva un destino differente per me. E’ stata un’avventura non facile raggiungere questa parte del Mediterraneo. Ma lei aveva fiducia, sapeva di una nostra lontana parente che aveva vissuto in questo mare e poi era finita spiaggiata proprio qui, a Bordighera, la notte del 10 novembre 1844. Mi hanno detto che i suoi resti sono esposti in un importante museo di Torino! Pensa che onore!”. Si distese, pinneggiando lentamente ed il ridosso che creava con il suo grigio dorso creava come una piccola baia di mare calmo. Quindi mi spostai dalla coda, per avvicinarmi ai suoi giganteschi fanoni. “Mi sembra di essere nella favola di Pinocchio!” le dissi, temendo che aprisse la bocca per inghiottirmi. Lei capì i miei pensieri e disse: “Sono frottole, sai, è proprio una favola quella! Noi balene comuni ci cibiamo di un piccolissimo gamberetto di cui queste acque sono ricche, il Meganyctiphanes norvegica, una prelibatezza che abbiamo imparato a conoscere nei mari del Nord. Voi uomini per noi siete dei simpatici burloni. Vi agitate sempre su quelle vostre barche, correte di qua e di la con quei fracassoni di motoscafi che spesso è difficile evitarvi. Comunque non siete cibo per noi! In alcuni posti, purtroppo, noi lo siamo per Voi! Non bastano i 20 nodi che riusciamo a raggiungere nuotando, le vostre barche spesso sono più veloci e quando emergiamo le eliche ci creano dei danni che molte volte diventano mortali!” Dicendo questo la vidi rattristarsi e non ci volle molto a capire che aveva perso così la sua migliore amica, al largo della Corsica per colpa di un traghetto di linea. “Tra poco mi verranno a prendere, cosa vuoi che dica agli altri umani quando rientrerò in porto?”. Ci pensò un po’ su, era bello vedere il suo sguardo corrucciato, un po’ infantile e tanto puro. Disse:”Sappiamo che state facendo grandi cose per proteggerci e con noi i cugini capodogli, le stenelle, i globicefali e così via…”. “Siete sulla strada buona, imparate a conoscerci, venite in mare e noi ci mostreremo a voi in tutta la nostra magnificenza. Abbiate cura di questo mare, non inquinatelo, non buttate in acqua sacchetti, immondizia. Qua noi non temiamo che vi interessiate troppo alla nostra presenza, la nostra vera paura è che non vi accorgiate che esistiamo!”. Poi. con un’espressione severa, fissandomi negli occhi concluse: “Questo mare è vita per noi quanto per voi, aiutateci a proteggerlo!!!”. In lontananza cominciai a sentire il vociare di una scialuppa che mi veniva in soccorso, mi girai per esserne sicuro e scivolai nell’acqua. Moby Dick si immerse, sparì alla mia vista. Avevo sognato? Era stata la paura a scatenare la mia fantasia? Mi restavano queste parole per il racconto che ho portato sino a voi, semplice e vero come lo sono queste meravigliose creature, padroni del bene più prezioso che noi abbiamo, il nostro mare.

 

valerio moschetti – www.valmos.com – Storie di un uomo da mare – prossimamente presso

la libreria Mondadori di viaVittorio Emanuele a Bordighera

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