Pelo arruffato, una coda vaporosa che ondeggia ad ogni passo, il bianco e il rosso per una livrea delicata e vaporosa che inevitabilmente cerchi di accarezzare; ma lei si scosta, ogni volta che cerchi di allungare la mano, vagamente indispettita, per poi tornare sul suo cammino, saltellando. Mi viene da pensare quanto sarebbe bella, con il pelo cotonato, seduta su un cuscino nel salotto, mentre il termosifone caldo la rende languida e sonnecchiante. Invece lei, agile e aggraziata, si allontana verso la mia amica “gattara”, sollecitata dall’appetito prepotente che la sua ultima gravidanza, sei gattini variopinti molto affamati, le impongono di non mancare all’appuntamento. “E’ bella vero?”, mi dice Marisa, intenta come ogni giorno a sfamare la sua comunità di randagi al parco. “Quella è Melina, una gattina di quattro anni, da sempre qui”. “Lo so,” dice anticipando le mie domande, “si sta chiedendo chi possa aver abbandonato una gattina così deliziosa…”. Vero, pur essendo una gatta meticcia ha tutte le caratteristiche di un gatto “pregiato”. Probabilmente è fuggita da qualche casa, senza trovar più la strada per tornare. Torno a pensarla pulita, leggermente profumata dall’odore della sua abitazione, seducente come un pomeriggio vicino al camino. “Ci sono gatti abbandonati malamente, che nessuno più vuole. Hanno il pelo arruffato, qualche dermatite che li tormenta, il nostalgico ricordo di una casa accogliente, un pasto succulento ogni mattina e tante coccole la sera, davanti al televisore. Loro malgrado fanno buon viso a cattivo gioco, imparano velocemente i trucchi per sfuggire alle insidie della strada, affilano gli artigli per difendere il loro territorio a fatica conquistato, diffidano dell’uomo, da cui hanno ricevuto ingiustizie. Beh, Melina no. Lei è una gatta che ha deciso di vivere libera, lontana dalla sua casa. Quella porta è sempre aperta e lei li ritorna, quando gravida e a termine, è pronta a partorire. Attraverso una stretta grata del garage ritrova il suo cartone con il vecchio tappettino di cotone su cui si occupa del travaglio. La sua padrona, una signora indaffarata, spesso fuori per lavoro, fa attenzione che nulla succeda ai cuccioli e si preoccupa che abbiano una sistemazione opportuna, appena svezzati. Ma con Melina nulla da fare, lei resta li solo il tempo necessario e di entrare in casa neanche parlarne. Pensi che un giorno, durante un temporale davvero eccezionale, i tombini non furono in grado di smaltire l’acqua della strada che iniziò ad allagare i garage sotto il suo livello. La signora appena si rese conto di cosa stesse succedendo corse al piano sottostante, prendendo il cartone con il prezioso contenuto portandolo in casa. Lo mise in un angolo tranquillo del salotto, lasciando la finestra aperta affinché Melina potesse uscire ed entrare a piacimento. Mentre saliva le scale la gattina la seguì, miagolando di tanto in tanto per rassicurare i piccoli e una volta giunta a destinazione, li cominciò a leccare ed allattare, sistemandone i peli inumiditi. La signora sorridendo pensò che forse quella era la volta buona, la gatta si sarebbe rassegnata a restare in casa, dove aveva rifugio sicuro per lei e per i gattini. Socchiuse la porta della sala, per non disturbarla mentre faceva le faccende di casa, ascoltando con piacere il miagolio dei piccoli che alternativamente protestavano per un capezzolo libero. Poi, affaccendata, non ci fece più caso e venne sera. Quando tornò in sala la scatola era vuota, dei gattini e di Melina nessuna traccia! Scese in garage ma nulla, lì non c’era. Guardo attraverso le griglie degli altri garage, nulla! Si pentì di averli portati via dal loro rifugio e provò a cercarli in quartiere. Poi il tempo si rimise al buono e riportò la scatola nel garage, al suo posto. Trascorse qualche ora ed ecco che, uno a uno, Melina riportò i micetti alla loro originale sistemazione”. Ascoltavo questa nuova incredibile storia come sempre rubando una mezz’ora al mio cammino verso il lavoro. Ormai anticipavo l’uscita di casa ogni mattina perché incontrare la “gattara” era un appuntamento irrinunciabile. I suoi racconti, quelle storie così diverse una dall’altra, racchiudevano la filosofia dell’esistenza, il senso dell’umano che spesso viene abbandonato per dare credito a valori fugaci, effimeri, per una società costruita dall’uomo ma non per l’uomo. Quasi che la nostra grande intelligenza, questa presunzione dell’io, sia come una pianta che cresce a dismisura, ripiegando su se stessa, soffocandola. “Caro amico,” mi disse Marisa, “ Quella gattina non è una randagia, è una gatta libera…”. Lei ha scelto di vivere “fuori”, lontano dalle seducenti comodità di una casa riscaldata, di un pasto sicuro e qualche carezza la sera davanti alla televisione. Non perché questo mondo le dia fastidio, perché lo ritenga dannoso o non degno di lei, che se ben la guarda, è Principessa di nascita. Non le interessa, non è la sua vita. Quando la sera cala il sole, l’aria si fa fina e le insidie della notte hanno modo di esser tali, sa dove rifugiarsi, sa come difendersi. Ma ogni mattina, quando sorge il sole, affronta la vita come un miracolo, senza aver nulla di scontato, senza alcuna sicurezza del suo futuro. Lei si chiederà che forse qualcosa l’ha spaventata quando era piccola, che ci sia una paura dietro al suo vagare lontano dal mondo degli uomini. Io credo di no, anzi ne sono convinta. Lo sa perché? La cosa più cara che ha, quella che ogni femmina possiede come il bene più prezioso, i propri cuccioli, li affida all’uomo, alla signora che può accedere al suo nido quando e come vuole e alla quale affida i suoi piccoli una volta svezzati, affinché le dia un futuro in qualche casa confortevole. Quando li vede andar via si mette seduta, con la coda attorcigliata a sé, osservando le mani della signora che prendono in braccio i gattini, miagolanti. Come una madre attenta li guarda andar via, sicura e felice del loro destino. Poi torna alle sue faccende, a vagare per i tetti, a gestire i turbolenti maschi quando torna il momento del calore. Perché lei, come certi umani, è libera, lontana da ogni regola che non sia quella dettata dal proprio istinto e paga il prezzo che a noi sembra il più caro, la comodità di una casa, per avere il dono meraviglioso dell’assoluta libertà”. Melina intanto aspettava paziente la sua razione di cibo e mentre Marisa le versava due cucchiaiate di pastone nella ciotola, la osservava con gli occhi socchiusi. Forse quella era la sua unica e vera amica.
Mi hai viziato, Valerio.
Ormai sono abituato a leggere di queste belle storie, piene di rispetto e con l’atmosfera serena.
Mi piace.
Bello
Ne aspetto altre, grazie.
Giulio