Io sono cresciuto con i gatti. Mia madre li adorava e nel giardino di casa nostra, così come in casa, ne ho sempre visti. Da loro ho imparato, senza rendermene conto, moltissime cose. Come nascono i bambini, ad esempio, come ci si arrampica su un albero, come si calcola la distanza per saltare un fosso. Ma anche e soprattutto, come sia incredibilmente vero che ciò che si desidera, è realizzabile sempre. Sono passati gli anni, la vita mi ha portato lontano dal mondo dei felini. La mia esistenza è trascorsa come quella di un cane; fedele, attento ai doveri, spesso disincantato. Ma il gatto che è in me non era sparito, dissolto. Stava soltanto assopito, come spesso fanno i gatti sui termosifoni, aspettando che la luna, il tempo e il luogo diventino quelli “giusti”. E’ così che senza rendermene veramente conto son tornato nel mondo felino. No, non ho un gatto mio, continuo a portare due, tre volte al giorno a far pipì il mio cane come una volta, aspettandolo per lunghi minuti mentre lui annusa, facendosi raccontare storie dalle tracce lasciate da altri suoi simili. Però ho iniziato a frequentare chi con i gatti ci vive e ho ascoltato i loro racconti. In verità le cose non sono proprio così; ho ricominciato a parlare con i gatti! Perché di una cosa dobbiamo renderci conto: c’è una grande comunità, di felini, che tiene in ostaggio centinaia di persone, trasformandole in umili e attenti servitori intenti e preoccupati ad assecondare ogni loro volere. Scatolette di cibo ricercate, spesso comunque snobbate dal micio di turno, ore passate in posizioni scomode nel letto perché “lui” deve distendersi di traverso sulle lenzuola e “non vuole” essere disturbato. Notti insonni ad ascoltarne le “fusa” mentre con le zampe “fa la pasta” nei luoghi più impensabili, lasciando i segni sulla pelle per il mattino seguente. D’altronde si sa, i gatti sono Dei, venerati già nell’antichità, non meno di quanto si faccia ai giorni nostri. Ecco che quindi Marina, Donatella, Marilena, Iole e lo stesso Stefano, che si finge “un duro”, si ritrovano a raccontare dei tormenti patiti per “venerare” il loro o i loro sovrani dai lunghi baffi. “Adorabili…” ripetono, mentre le occhiaie di una notte insonne fanno capire quale sia stato il prezzo della nottata appena passata.
Anche Paola, la inesauribile spina dorsale del Bordighera Book Festival, mi ha confessato di avere la passione dei gatti, definendosi a sua volta un felino. Ascoltandola ho subito pensato ad un gatto soriano, comodamente disteso sul grande cuscino del suo divano, in salone, intanto che aspetta lei e il suo compagno la sera, per farsi carezzare il morbido pelo mentre loro sorseggiano un mojito raccontandosi della giornata trascorsa. Un quadro in parte hollywoodiano, di quelli da soft opera! Alle spalle una splendida vetrata che offre alla vista la baia di Imperia dove bianche vele sfidano i marosi e loro indugiano per un bacio appassionato. Niente di tutto questo; non tanto per il bacio di cui in realtà non so nulla, ma del rapporto con i felini della loro casa. Partiamo con ordine; un tempo in casa c’erano due cani, una bassotta di nome Bessy e un possente cane corso, Lion. Con loro si che il quadro domestico era tranquillo e posato. Grandi dormite dei due sul tappeto, mentre sognavano spiedini alla brace e avanzi di costine. Per Paola la sera rientrare era un gran piacere, incontenibile scodinzolare, feste, ammiccamenti con l’unica richiesta di una passeggiata al parco, per altro salutare per tutti. Ma poi il Grande Mogol del Mondo Gatto decise che anche per l’umana Paola fosse giunto il momento di iniziare il lungo percorso di passione che eleva l’uomo a “umanoide servente”. In una sera di temporale, tra raffiche di vento e piovaschi battenti, sotto la lamiera di un’auto abbandonata e arrugginita, il pianto disperato di un piccolo batuffolo inzuppato attirò la sua attenzione e lei raccolse quel piccolo essere indifeso, chiamandolo Bacco. Fu inevitabile portarlo a casa, era giunto il grande momento anche per loro; “Ecco gatto, questa sarà la tua casa…”. Non fu così semplice, altro che soft opera. Il piccolo, di appena due mesi, visti i due cani cominciò a soffiare come un mantice, rifugiandosi sotto il letto che divenne residenza e rifugio. Sette lunghi giorni passarono prima che l’assedio dei due cani diventasse una tregua, verso un percorso di socializzazione. Sembrava tutto risolto, Paola cominciò a rilassarsi guardando i tre giocare assieme. Bacco cresceva e la sua indole di gatto libero lo rendeva vivace, curioso e rapido. Un bel giorno, mentre lo portavano nel trasportino dal veterinario, per una distrazione cadde a terra ed ecco che con un guizzo rapido degno della sua indole, Bacco si lanciò tra le macchine a rotta di collo, sparendo in un attimo nel traffico, nonostante le evoluzioni di Paola, tra le macchine in coda. Nulla da fare, in pochi attimi Bacco si volatilizzò e a nulla servirono le ricerche protratte sino a tarda notte. Fu in quel momento che Paola capì quanto contava per lei quel gatto, quale legame si era creato tra di loro. Ma c’era qualcosa di più. Man mano che i giorni trascorrevano e loro non si rassegnavano alla ricerca, interessando anche la stampa locale e le radio, appendendo manifesti ogni dove, facendo un porta a porta giornaliero sino a tarda ora, la sensazione che il gatto fosse ancora vivo e vegeto diventò una sensazione così forte da far sentire la sua “presenza” anche se lontano da casa. Paola era convinta che lui comunicasse, c’era, in qualche luogo, in qualche dove, ma c’era! Diciotto giorni di ricerche, falsi allarmi, telefonate senza esito positivo. Poi, come nelle fiabe a lieto fine, un pomeriggio una gentile signora di età telefonò dicendo: “Ho visto la foto dal veterinario, credo sia lui, l’ho visto nel cortile di casa mia”. Paola si precipitò immediatamente, era notte fonda. Chiamò a lungo: “Bacco, Bacco…” ed ecco che dall’ombra, con la coda dritta, un micio flessuoso le venne incontro, strofinandosi sulle gambe. Lei lo prese in braccio, cercando di non spaventarlo, per farlo salire in auto. Era sempre stato un ribelle e quei giorni di vita selvatica non avevano certo giovato alla sua educazione. In realtà a Paola restò un filo di dubbio che potesse non essere lui, anche se il suo cuore le parlava chiaro. Ma noi chi siamo per giudicare, per capire?! Una volta a casa fu Leon che risolse ogni dubbio; il suo infallibile naso non ebbe esitazioni e le gran coccole che si fecero i due salutandosi fu la conferma che Bacco era tornato! Passò le successive 24 ore a dormire, tra le coccole di tutti. E vissero felici e contenti… direte voi? Certo, ma c’è ancora qualcosa in questa storia che non ho detto. Mentre ricercavano disperati il fuggiasco Bacco, rivoltando l’intera città al punto di creare un interesse collettivo di decine di persone, Balia Roberta, un cuore gentile che si occupa dei gatti abbandonati di tutta la provincia, preoccupata dello stato d’animo di Paola, le parlò di una cucciolata di gatti neri a cui cercava di dare una casa. Siccome il desiderio di un Gattonoir era racchiuso nel cassetto dei desideri inconfessabili, ne prese uno con sé: brutto, spelato e con la pancia gonfia! Una sfida nella sfida… Lopez. Ora si che possiamo concludere questa movimentata fiaba; mentre io scrivo immagino la serenità in quella casa, i due cani accovacciati nella loro cuccia, sempre assorti in sogni dal sapore di arrosto e dei due gattoni, in attesa che la notte scenda profonda, mentre sonnecchiano avvolti uno nell’altro. Lopez, ruffiano incontenibile, è l’anima dolce e affettuosa di Paola ma Bacco, Bacco è lo spirito libero e selvatico che nessuno può contenere. Forse i gatti ci scelgono per dare alla nostra anima una opportunità, quella di vivere in loro la nostra vera e recondita natura. Ecco perché Lopez si arrotola al fondo del letto, cullando con le fusa i nostri sogni da bambino mentre Bacco cattura i sogni di libertà e li porta lontano, nella buia notte di Imperia, sino a mattina inoltrata quando è ora di restituirli alla sua padrona. Pardon, alla sua “umanoide servente”.