Dire che un cane non ti è simpatico non è una bella cosa per uno che si spaccia quale amante degli animali, ma d’altronde succede anche con i parenti. Non tutti i componenti della tua famiglia sono in sintonia con te e per alcuni sei contento che il Natale venga una sola volta all’anno. Grandi sorrisi, strette di mano, l’augurio di rivedersi presto, spesso la verifica del corretto numero sulla rubrica del cellulare. “Ci sentiamo dai, andiamo a mangiare una pizza una di queste sere…”, anche se poi pensi che ci saranno 365 giorni prima che li rivedrai. Spesso l’antipatia è reciproca e questo facilita le cose. Con Briciola non avevo nessun grado di parentela, era capitata a casa per ragioni fortuite; la mia compagna che si occupava di casi sociali, l’aveva notata sul balcone di una coppia che aveva bisogno di ritirarsi in comunità per disintossicarsi dagli stupefacenti e lei, piccola barboncina toy bianca guardava la strada attraverso le sbarre della ringhiera, mentre le mani di lei la presero in braccio per un ultimo e definitivo saluto. “Stia tranquilla”, la rassicurò l’assistente sociale, “andrà in una casa. Non dovrà subire il dolore del confino in un canile”. Per la povera donna in crisi causa la mancanza delle ben note sostanze il cane non era in quel momento una priorità, anche se con una ultima tenera carezza salutò quel batuffolo di riccioli incolti. Fu così che Briciola entrò in casa, avvolta in un asciugamano impregnato degli odori che ben conosceva. Dopo una breve esplorazione dell’ingresso, annusando ogni angolo, decise di inaugurare la sua prima serata a casa nostra con una interminabile pipì sul pavimento. “Poverina, chissà che vita avrà fatto sino ad oggi…” disse la mia compagna, giustificandone il gesto e di conseguenza quelli a venire. Sicuramente comprensivo, (non mi sarei stupito che avesse dovuto sopportare anche lei il devasto di qualche droga), mi avvicinai per fare amicizia, rimediando però una sonora morsicata sulla mano. Rapida come un cobra mi addentò le prime falangi delle dita ritraendosi, ringhiando minacciosa. “Va beh, si calmerà…” pensai, preparandole una piccola cena. Pur passando i giorni la situazione non migliorò. Anzi, si rintanava tutto il giorno sotto il divano o i mobili della cucina per uscirne solo al momento dei bisogni che sistematicamente faceva dove non doveva. Neanche portarla con frequenza costante ai giardini serviva; un’ultima minzione la riservava all’ingresso, guardando con occhi di sfida. Insomma, non mi vergogno a dirlo, pur rispettando la sua individualità e il carattere ruvido, non la sopportavo più. Alle volte di notte si aggirava per casa, facendo disastri. Comunque sia mi faceva una grande tenerezza; aveva una zampa posteriore offesa che teneva sempre sollevata e i suoi denti erano in una condizione pietosa. Raramente si lasciava andare a qualche coccola, conclusa sempre con un tentativo di morso. Siccome in quel periodo mio figlio era piccolo e la paura che potesse addentarlo era grande, pensammo di cercarle una destinazione più idonea, pur rispettando il patto fatto a noi stessi di trovarle una casa migliore della nostra. Cosa non facile, come ben sanno quelli che hanno un cane in stallo e cercano una soluzione. Chiesi a destra e a manca, il carattere di Briciola non facilitava la cosa. Poi, quasi insperato, mi venne in soccorso l’aiuto di una conoscente del circolo subacqueo che frequentavo. Raccontando del cane una sera, si scrisse il mio numero di telefono dicendomi, con tono rassicurante: “Non ti prometto nulla, ma conosco una signora a cui faccio delle cure che è benestante e la figlia adora gli animali. Hanno già un cane ma la ragazzina ne vorrebbe un altro. Sai, lei ha qualche problema e la compagnia di uno o più Pet le è stata consigliata dalla psicologa. Vediamo… ti faccio sapere…”. Tornai a casa speranzoso, ero di buon umore. Se il destino fosse stato dalla nostra parte, la piccola Briciola avrebbe avuto una degna dimora e persone che l’avrebbero accudita tutto il giorno. Naturalmente avevo avvisato l’amica dello stato di salute del cane e anche del ruvido carattere da posseduta che l’abitava! Ma questo a lei sembrò un vantaggio; la ragazzina desiderava proprio un cane sfortunato e con qualche problema, forse per condividere i suoi o meglio ancora per poter essere lei ad assistere qualcuno. Passarono una decina di giorni (d’inferno), tra assalti alle caviglie la mattina appena alzato e piccoli laghi nell’ingresso al ritorno dal lavoro. Poi, quasi fosse un miracolo, il cellulare un pomeriggio suonò, mostrando la scritta: “Maria Sub”. Risposi speranzoso e la mia fiducia fu ricompensata: “Vale, la signora ha detto che vuole conoscere il cane. Puoi stasera? Vestiti bene perché sono dei signori molto benestanti, svizzeri. Vedrai che casa…”. Pensai a Briciola e alle sue inesauribili pipì…Mi venne in mente quando vendetti la mia vecchia Regata con 200.000 km. Dissi all’acquirente: “Vista e piaciuta, ok?” Ecco, con la piccola Briciola avrebbe dovuto essere pressappoco la stessa storia. Ci demmo appuntamento in Corso Traiano. Io con la piccola riccioluta in braccio, rischiando l’amputazione di qualche dito, aspettai al numero della via indicato. Una splendida palazzina recente, il cui androne pareva la hall di un hotel a cinque stelle. Salimmo al quinto piano dove allo schiudersi di una spessa porta blindata in vero mogano una non più giovane signora dall’aspetto signorile e molto elegante ci sorrise, facendoci entrare. Geneve, la ragazzina, prossima “padroncina” della “vampira toy” era in impaziente attesa nel salone, seduta su una carrozzella, indiscutibile segno della sua infermità. Ritrattai in me quanto pensato a proposito del “visto e piaciuto”; non me la sentivo di caricare di un ulteriore problema la sua già complicata esistenza e, nel dialogo che ne segui prendendo un caffè in adorabili tazzine cinesi (per poco un guizzo di Briciola non ne ruppe una con tutto il piattino), misi in guardia l’amabile signora svizzera delle problematiche del cane. “Stia tranquillo, è una cagnetta adorabile. Avremo cura di lei. Ho già avvisato il veterinario che domattina passerà a visitarla e vaccinarla, se è il caso. Poi dopodomani viene la signora de “Il Paradiso di Pluto” per farle una toiletta, controllarle le unghie e tutto ciò di cui fabbisogna. Guardai la piccola peste accovacciata in un lato della stanza, pensando che tra le tante visite prenotate forse sarebbe stato il caso di far intervenire anche un esorcista, casomai ne esistesse qualcuno dedicato al mondo animale. Dopo un qualche tempo di cordiali racconti e aneddoti sulla vita di Briciola, con lo scopo di rendere ancor più commiserevole la ricciola peste, salutammo la cortese ospite di casa e la sua simpatica figliola, dicendo un attimo prima dell’ultimo saluto: “Se per caso ci fossero problemi non esitate a chiamarmi…”. Non potevo non dirlo, la mia coscienza implorava lo facessi, ma me ne pentii subito.
Trascorsero i giorni, anzi qualche mese. Con Maria non parlammo più di Briciola e io, un po’ vilmente, cercai di evitare il discorso. Fu lei che una sera mi chiese se non ero curioso di sapere quale fosse stato il destino della povera bestiola. “Non ti racconto nulla,” disse, “ ma se vuoi domani sera facciamo un salto a trovare la signora. So che ha piacere di mostrarti il cane…”. Un gelido brivido mi percorse la schiena, avevo uno strano e spiacevole presentimento. Forse anche la grande pazienza e disponibilità della signora svizzera aveva raggiunto il suo limite e, fedele e memore a quanto dettogli prima di andar via, aveva deciso di restituirmi la minuta belva. Andai mesto all’appuntamento e Maria, intuendo i miei pensieri, mi sorrise dicendomi: “Ma non fare quella faccia… vedrai che sorpresa!”. Entrammo in casa, un buon profumo di gelsomino ci accolse, accompagnato dalle note di un pianoforte. La piccola Geneve, la figlia, accostata al piano suonava un brano classico di gran qualità. La natura le aveva tolto qualcosa, ma le aveva regalato una dote splendida. Sopra il pianoforte brillava la luce di una candela che lei amava illuminasse lo spartito. Ci salutò con un cenno del capo, senza interrompere la sua esibizione domestica. A terra, sul tappeto orientale dai mille nodi stava un bel cane nero, accucciato sereno con il muso poggiato sulle pantofole di Geneve. A lato, su un ampio sgabello dell’800, un grande cuscino di velluto rosso accoglieva, in posa da diva, la terribile Briciola! Irriconoscibile… Soffici riccioli candidi adornavano il suo corpo abilmente tosati da una forbice sapiente. Un fiocco rosso, di seta, ne raccoglieva un ciuffo sul capo, dandole un aspetto regale. Ci guardò con una certa superiorità, seguendo una etichetta a me sconosciuta. Poi guardò la sua padrona, in attesa di un qualche comando. “Princesse, si vous plait, vien ici…” disse la signora sorridendo, in tono vagamente scherzoso. Briciola, pardon, Princesse, scese dal suo giaciglio trotterellando verso di noi. Mi accorsi subito che la zampa posteriore, pur non essendo completamente efficiente, non era più rattrappita e raccolta sotto l’anca. Poi il suo musetto era sereno, dolce. Andò direttamente dalla signora, facendosi accarezzare. Senza degnarmi di uno sguardo tornò al suo posto e con un guizzo risalì sul cuscino, riprendendo la posizione regale in cui l’avevo trovata. “Vede” mi disse Matilde, la gentile signora, “abbiamo avuto molto lavoro da fare con la cagnolina. L’ho fatta seguire dal veterinario che mi ha consigliato una clinica specialistica, oltre confine. Lì hanno recuperato parte delle funzionalità della zampetta offesa. Poi una settimana dal dentista, aveva dei denti veramente disastrati. Per oltre un mese è venuto uno psicologo addestratore tutti i giorni a seguirla e infine le cure amorevoli di Geneve, la Musica di Mozart e una sana alimentazione hanno fatto il resto. Rimasi a bocca aperta! Ringraziai le due donne e anche Maria, sicuramente tutto questo era stato un vero miracolo per la piccola cagnetta, ma anche un grande regalo del destino per me! Salii in macchina e mentre tornavo davvero contento e sollevato mi sorpresi a canticchiare. Quel vecchio motivo di Gianni Morandi: “Uno su mille ce la faaaaa…”. Non seppi più nulla di Briciola, anzi, Princesse, e del suo felice destino. Comunque quando poi vendetti la mia Peugeot che aveva anche lei raggiunto i 230.000 km, mi feci firmare un foglio dall’acquirente con scritto: “Vista e piaciuta”. La fortuna bacia solo una volta!