Il grande nemico

CRi e CRICRI

CRi e CRICRI

Un giorno tutto questo sarà tuo!”. All’ombra di un tarassaco in fiore, adagiati su una delle sue foglie distese al sole, Cri e suo padre Cri Cri, pasteggiavano con una tenera foglia della pianta di cui erano ospiti, ammirando il prato sottostante in piena fioritura estiva. Cri era nato da poco, sopravvissuto ad un’inondazione della tana che le piogge torrenziali di aprile avevano risparmiato soltanto perché sua madre, già alla seconda stagione di vita, aveva abilmente realizzato su un pendio ben drenato e lontano dalle possibili inondazioni. Cri Cri era un grillo robusto, sapeva che il suo ciclo vitale era quasi al termine: per i grilli la vita è breve! Nascono a giugno e se durante l’inverno non incontrano intoppi raggiungono l’età adulta nell’anno nuovo, dove si accoppiano per poi lasciare, in piena estate, la vita terrena e i verdi prati ai nuovi pargoli. Ma non sembri, in questo tempo che a noi pare così breve, amano, giocano e pensano, vivono insomma, per quella che è la loro missione sulla terra, il loro motivo di essere nel meraviglioso equilibrio del mondo intero.

“E’ un prato enorme…” disse Cri mentre volgeva il capo da oriente a ponente. “Riuscirò mai a girarlo tutto?”. Cri Cri guardò il giovane figlio dal manto lucente; tutti uguali i ragazzi, sempre presi dalla smania di conquista. “Stai attento al lato verso il monte, lì pascolano le mucche e se una di loro ti posa una zampa sopra resta ben poco di te. Stai pure attento a non spingerti troppo in quella radura, ci sono i corvi e quelli sono ghiotti di noi, soprattutto dei grilli di stagione, sono i più teneri”. Disse questo alzando il tono, in modo da incutere ancor più timore al piccolo, affinché le restasse ben impresso nella mente. “Ma se i corvi ci mangiano, chi è che si mangia il corvo?” chiese il piccolo Cri. Tutti i grilli, quando nascevano, avevano come nome Cri. Poi, passato l’inverno, quando iniziava la loro stagione matura, avevano diritto a chiamarsi Cri Cri; un rafforzativo che ne determinava l’anzianità, il grado e l’autorità su quelli giovani. “Beh, il corvo lo caccia la volpe, quando riesce a sorprenderlo prima che prenda il volo”. “E la volpe, chi uccide la volpe?”. “Oh, beh, per la volpe c’è il lupo, anche l’orso in certi luoghi, oppure i cani randagi”. “Allora l’orso è il più forte di tutti, pà?”. “No, caro, l’orso lo cacciano gli uomini, che cacciano anche la volpe e qualche volta il corvo…”. Così dicendo staccò un altro lembo delle succulente foglie che sfioravano le sue antenne nero fumo. “L’uomo è il più forte, allora, il padrone di tutto…” concluse abbassando il capo, il piccolo Cri, sperando di non incontrarne mai uno. “L’uomo è un animale speciale, piccolo mio. Vive molto tempo, abita ovunque. Lui ha ricevuto un grande dono, il giorno in cui sono state create tutte le creature che abitano la terra, un dono che è stato riservato solo a lui. Lui pensa, decide, sceglie”. “Cosa vuol dire pà, non riesco a capire…”. “Lo so, è difficile per noi comprendere questo mistero, Vedi, pensa alla musica. Noi siamo come un disco, una canzone già scritta. Non ci facciamo domande, noi abbiamo sempre una risposta, già scritta dentro di noi. Guardiamo una foglia e la mangiamo, perché abbiamo fame. Se qualcosa ci spaventa, scappiamo nella direzione che dentro di noi è la salvezza. Quando viene la stagione dell’amore, ci accoppiamo, perché una voce interiore ci dice che è ora di farlo. Siamo un disco già scritto, che suona una musica composta milioni di anni orsono. L’uomo no, lui è diverso. Lui non è un disco, lui è uno strumento musicale. Ogni giorno può suonare una melodia nuova, una canzone diversa. Spesso suona la stessa tutta la vita ma in alcune occasioni della sua esistenza si sofferma a pensare e ne crea una nuova. Alle volte è un fastidioso rumore ma spesso è una melodia, mai sentita, unica e fantastica. Lui può scegliere, ecco, questa è la grande differenza. Lui può decidere, cambiare il corso del suo destino, non ascoltare il suo istinto ma decidere di sbagliare, oppure fare qualcosa di assolutamente nuovo, eccezionale.” “Ma allora…” incalzò il piccolo Cri con gli occhi sbarrati e le tenere antenne tese ad ascoltare il vento, “ lui non ascolta la voce dell’universo, non si lascia trasportare dalla dolce melodia della madre terra che lo accompagna nel suo cammino?”. “No, ragazzo, lui spesso è la voce dell’universo, anche se stonata e distorta”. Cri era sconvolto e impaurito, aveva provato a immaginare cosa volesse dire scegliere, non ascoltare il proprio istinto, provando una sensazione di disagio e smarrimento infinito. No, non le piaceva per nulla quella sensazione, era contento di essere un semplice grillo, di dover sfuggire gli zoccoli della mucca e il becco del corvo nero. Di fare tutto quello che la natura aveva scelto per lui, in quella sua breve esistenza. Solo un pensiero non riusciva a lasciarlo in pace. Non poté far altro che interrompere ancora una volta il banchetto di suo padre. “Ma ascolta, allora l’uomo se è così potente, così forte e conosce tutti i trucchi della vita, allora… non ha nessuno che se lo mangia, che lo uccide?”. Cri Cri abbassò il capo guardando i profondi occhioni neri del suo piccolo, era proprio un bel cucciolo di grillo e sicuramente l’anno venturo, dopo l’ultima muta, sarebbe stato un Cri Cri degno di duo padre. Si rammaricava solo che non lo avrebbe potuto vedere, era così breve la loro vita di grilli. Gli porse un pezzo di foglia di tarassaco, poi gli sorrise amorevolmente. “Oh, si, anche l’uomo ha un nemico terribile, che lo strugge e lo divora”. “E chi è, per favore, dimmelo?”. “ Lui stesso, figlio mio. Lui stesso. L’uomo è il peggior nemico di se stesso”. Cri raccolse il boccone datogli dal padre ed iniziò a ruminare. Annusò l’aria, stava per arrivare la pioggia. L’istinto gli disse che era ora di rientrare nella tana. E così fecero, Cri davanti e Cri Cri dietro, a proteggergli le spalle.

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