Risolto il mistero che avvolge le ragioni per cui i cani si annusano proprio lì!

cani che si annusano

Del perché i cani quando s’incontrano abbiano quella insolita abitudine di annusarsi proprio li, sotto la coda, non vi ho mai raccontato, vero? No, non temete, nulla che offenda il comune senso del pudore, potete anche leggere questa storiella ai bambini. Anzi, è stato proprio mio papà, quando ero molto piccolo, che mi ha raccontato questa incredibile storia. Stavo per l’appunto guardando incuriosito due cani che, nel tentativo di annusarsi reciprocamente, giravano in tordo come in una giostra e divertito gli chiesi per quale motivo i due stessero facendo quelle evoluzioni. Lui, sorrise e lasciandomi per un poco con la curiosità non soddisfatta mi disse: “Dopo te lo racconto!”. Fu la sera, dopo cena, quando seduti sul divano, tornai alla carica rivolgendogli la domanda. Lui, con calma, iniziò a raccontarmi questa storia che risaliva alla notte dei tempi e che, ancor oggi, non so dove lui l’abbia appresa.

“Vedi, un tempo ormai lontano la terra era abitata da molti cani, sparsi un po ovunque. Cani liberi, radunati in branchi, in tribù. Vagavano alla ricerca di cibo, un po come fanno oggi i lupi, e le leggi che li governavano erano severe. C’era, come succede ancora ai giorni nostri, una forte gerarchia e uno stato di appartenenza al gruppo di cui noi umani neanche ci possiamo sognare. Quando un cane, proveniente da lontano, cercava di unirsi a una colonia canina, doveva superare difficili esami prima di essere accettato. Prove di coraggio, di forza e anche combattimenti con i membri più forti. Solo dopo aver superato queste prove, iniziava la sua scalata sociale che non sempre lo portava in alto. Ma il grande senso di dovere che aveva ogni singolo animale, lo faceva ogni giorno cercare di migliorare sinché, in certi casi, riusciva a diventare il capo branco, soprattutto quando il “vecchio capo” sentiva perdere le forze e non era più in grado di guidarli nella caccia. Chiunque poteva diventare capo, a patto che ne fosse all’altezza, e solo la dura vita dei boschi era giudice di questa scelta. Ma, come spesso accade anche negli uomini, alcuni indisciplinati cercarono di far di testa propria, trasgredendo le ferree regole del mondo cinofilo. Fu così che il capo dei capi, “il Cane Maior”, che viveva in una sperduta regione della Siberia, sparse la voce che di li ad un mese tutti i cani si sarebbero dovuti riunire in una di quelle sterminate steppe. “Che vengano tutti qui, nessuno deve mancare!” fu l’ordine perentorio che di bocca in bocca raggiunse ogni angolo della terra. Alcuni cani dissentirono, preoccupati di non aver cibo in quelle terre desolate, ma furono rassicurati. Un gran numero di cervi ormai prossimi alla eterna dipartita erano stati cacciati e ci sarebbe stato cibo per tutti. Iniziarono così a muoversi le tribù da ogni dove; dall’Europa che allora non si chiamava ancora così, dalla lontana Africa e anche dalle Americhe, attraverso un passaggio sulle estremità del mondo, oltre l’Alaska. Quando tutti, ma proprio tutti i cani del mondo furono riuniti, in una mattina di tiepida estate calò il silenzio in quella moltitudine. I capi ai sotto capi e da loro ai sotto posti, sino all’ultimo meticcio sperduto giunse questo messaggio: “Ora il grande Cane Maior parlerà a tutti voi. Rimanete in assoluto silenzio, non un guaito né un respiro. Il suo messaggio deve giungere a tutti quanti!”. I più si accucciarono a terra, respirando piano per non fare rumore; un silenzio inquietante scese su quella sterminata distesa. Se in quel momento fosse volata una mosca, la si sarebbe potuta sentire a chilometri di distanza. Sul palco che troneggiava la valle, un telo di panno si aprì, lasciando il passo al maestoso mastino siberiano, Capo di tutti i Capi. Si avvicinò al bordo del palco e proprio quando inspirò per parlare con quanta voce aveva in gola, nella valle risuonò un terribile e inconfondibile rumore: un peto! Si, un peto, una scoreggia, un meteorismo che aveva trovato sfogo! Il sangue si raggelò in tutti i cani presenti, al mastino Capo dei Capi venne il pelo irto sulla schiena che pareva un leone inferocito: “Trovate immediatamente il colpevole, non ci sarà pace sin quando non lo porterete al mio cospetto e sarà severamente punito! E’ un ordine…”. Ed è così che da quel giorno i cani quando si incontrano, come prima cosa si annusano proprio lì. Sono ancora alla ricerca del colpevole di quella terribile offesa. Ormai sono trascorsi tanti, tanti anni da quel nefasto giorno ma si sa, i cani sono fedeli e rispettosi dell’autorità e, siccome il colpevole non è ancora stato identificato, continuano a cercarlo in ogni occasione possibile.